Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2050 la miopia interesserà metà della popolazione mondiale. In Italia il fenomeno ha già raggiunto numeri significativi, con circa 15 milioni di persone colpite. Questa condizione, spesso sottovalutata, non è solo un difetto visivo, ma può evolvere in una patologia cronica che incide pesantemente sulla qualità della vita.
L’uso dell’atropina a basso dosaggio rappresenta oggi una promettente soluzione terapeutica, affiancandosi a tecnologie ottiche innovative come le lenti a defocus. Questi trattamenti, ben tollerati dai più piccoli, si pongono l’obiettivo di ridurre i rischi di complicanze gravi legate alla progressione della miopia. Tuttavia, la prevenzione passa anche attraverso abitudini quotidiane: trascorrere almeno due ore al giorno all’aperto, esposti alla luce naturale, e limitare l’utilizzo prolungato di schermi digitali, specialmente se usati da vicino.
Nel contesto di questa emergenza sanitaria in evoluzione, il Policlinico di Bari ha assunto un ruolo centrale in uno studio multicentrico internazionale, grazie all’impegno dell’unità operativa di Oftalmologia Universitaria diretta dal professor Giovanni Alessio. Il progetto si concentra proprio sulla valutazione dell’efficacia dell’atropina nel rallentare la miopia nei bambini durante la fase di sviluppo.
Il professor Alessio sottolinea come un bambino con una miopia di -3 diottrie abbia un rischio triplo di distacco della retina rispetto a un coetaneo senza miopia. Nei casi più gravi, oltre le -6 diottrie, il pericolo di gravi patologie oculari, come la maculopatia miopica, aumenta anche di 40 volte. Da qui nasce la necessità di prevenire la progressione miopica sin dalla giovane età.
A sostegno dello studio, il dottor Ugo Procoli, dirigente medico dell’unità di Oftalmologia, evidenzia che limitare il peggioramento della miopia in età evolutiva significa evitare, in età adulta, terapie croniche, ricoveri ospedalieri e l’utilizzo di ausili per ipovedenti. L’impatto della malattia non è solo sanitario, ma anche economico e sociale.
Antonio Sanguedolce, direttore generale del Policlinico di Bari, ha ribadito come questa partecipazione internazionale sia la prova dell’impegno dell’ospedale nell’innovazione clinica e nella ricerca scientifica di alto livello. L’obiettivo è ampliare la rete di sperimentazioni cliniche attive nella struttura, consolidando il ruolo del Policlinico come polo di eccellenza nella sanità pubblica italiana.