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Stelle ai balneari come agli hotel: la Puglia lo chiede da anni, ora lo fa la Campania

Dopo la decisione che porterà gli stabilimenti balneari campani ad essere classificati con le stelle in base ai servizi offerti, come per gli hotel, i balneari pugliesi tornano a chiedere questa misura alla Regione Puglia. Tra i maggiori fautori di questa richiesta, Fabrizio Santorsola, presidente Fiba, Federazione italiana balneari, Confesercenti Puglia, che manifesta il suo […] L'articolo Stelle ai balneari come agli hotel: la Puglia lo chiede da anni, ora lo fa la Campania proviene da Corriere dell'Economia.

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Dopo la decisione che porterà gli stabilimenti balneari campani ad essere classificati con le stelle in base ai servizi offerti, come per gli hotel, i balneari pugliesi tornano a chiedere questa misura alla Regione Puglia.

Tra i maggiori fautori di questa richiesta, Fabrizio Santorsola, presidente Fiba, Federazione italiana balneari, Confesercenti Puglia, che manifesta il suo disappunto nei confronti di una Amministrazione regionale che agisce troppo spesso solo di facciata invece che muoversi in maniera concreta.

‘Nel 2018 – spiega Santorsola – fu varata, con il consenso unanime di tutto il consiglio regionale, una legge che classificava i lidi con le stelle alla stregua degli alberghi, classificando le strutture in base ai servizi erogati. Era la risposta giusta alla campagna mediatica che vedeva sistematicamente commenti negativi sul web relativi ai prezzi troppo alti applicati in Puglia. A quei turisti che pensavano di arrivare qui e pagare con perline, sperando di trovare gente con l’anello al naso, la risposta più efficace sarebbe stata quella di certificare la qualità dei servizi offerti. La legge purtroppo fu bloccata dalle organizzazioni sindacali che gestiscono i lidi di prossimità dei grandi centri: queste strutture, che lavorano quasi esclusivamente con gli abbonamenti, non avevano quindi alcun motivo di aggiungere ai loro servizi una rete wi-fi, ‘ce l’hanno a casa, a che serve?’, oppure assumere personale multilingue, ‘i miei clienti sono tutti del posto: a che serve sapere l’inglese?’, e così via”.

“La legge – prosegue – fu bloccata con uno stratagemma voluto da quelli che avrebbero visto declassate le loro strutture prive di servizi indispensabili per i turisti: nell’ultima seduta consiliare della scorsa legislatura, gli stessi consiglieri che l’avevano acclamata, votarono distrattamente la modifica che la paralizzò. Poi con la scusa della direttiva Bolkestein che non dava sicurezza di continuità alle nostre concessioni, il sindacato dell’opposizione alla legge, organizzazione molto forte in regione, riuscì a mantenere il blocco. Poi venne il COVID con tutte le problematiche connesse, e si decise ancora una volta di tenere ferma la classificazione. Poi fu il momento della ripresa dopo la pandemia e la scusa era buona per continuare a tenere tutto fermo”.

“Quando, a un certo punto, ho sollevato la questione in numerosi convegni direttamente e personalmente all’assessore regionale al Turismo – ricorda ancora Santorsola – lo stesso mi ha risposto più volte che non è possibile applicare un tale sistema perché prerogativa del governo centrale. La mia risposta è stata sempre perentoria, perché tutto ciò non ha alcuna corresponsione nella realtà: non è vero. Perfino l’Ue con il sistema HOTREC (classifica le varie forme della industria dell’ospitalità) avrebbe acclamato un tale programma. HOTREC probabilmente avrebbe calato dall’alto ‘a ombrello’ il sistema di classificazione dei servizi nei lidi in tutti i Paesi comunitari lasciando però a noi la primogenitura di tale intelligente modo di fare impresa balneare. Adesso scopriamo, ma io lo sapevo già con congruo anticipo, che la Regione Campania ha copiato il nostro sistema e lo ha applicato per legge regionale: dall’anno prossimo i lidi campani avranno la classificazione in base ai servizi erogati ai clienti con buona pace di noi balneari pugliesi che restiamo a guardare”.

L’articolo Stelle ai balneari come agli hotel: la Puglia lo chiede da anni, ora lo fa la Campania proviene da Corriere dell’Economia.

 

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