L’incidente mortale che ha sconvolto Turi lo scorso 2 aprile continua a far discutere. Le indagini coordinate dalla Procura e condotte dai carabinieri della stazione di Turi hanno portato all’arresto domiciliare di don Nicola D’Onghia, sacerdote accusato di omicidio stradale aggravato dalla fuga e omissione di soccorso. L’ordinanza è stata emessa dal gip del Tribunale di Bari, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura.
Secondo quanto ricostruito, Fabiana Chiarappa, 32 anni, stava percorrendo la strada provinciale 172 tra Turi e Putignano in sella alla sua moto, quando avrebbe perso il controllo del mezzo, finendo fuori carreggiata e impattando contro un muretto a secco. Le indagini, basate su rilievi tecnici, testimonianze e video di sorveglianza, ipotizzano che la giovane fosse ancora viva al momento dell’impatto con l’auto condotta dal sacerdote, che sarebbe sopraggiunto pochi secondi dopo l’incidente iniziale.
Le verifiche condotte dalla Sezione Investigazioni Scientifiche dei carabinieri, in collaborazione con un consulente tecnico, hanno rilevato tracce ematiche riconducibili alla vittima sull’automobile di don D’Onghia. L’analisi dei sistemi di videosorveglianza ha confermato che, subito dopo l’impatto, il sacerdote si è fermato presso una stazione di servizio, probabilmente per controllare eventuali danni al veicolo.
Il religioso, che si è presentato spontaneamente in caserma il giorno seguente, aveva dichiarato di essere passato sulla stessa strada e di aver sentito un forte rumore, ma di non essersi accorto della presenza della moto o della ragazza. Tuttavia, i riscontri tecnici e le tempistiche delle chiamate effettuate dal sacerdote poco prima dell’incidente – fino a 11 secondi prima dell’impatto – rafforzano l’ipotesi investigativa che egli fosse distratto dal cellulare.
Il provvedimento restrittivo è stato motivato con l’esigenza di evitare l’inquinamento probatorio e il rischio di reiterazione del reato, data la condotta tenuta dall’indagato subito dopo l’incidente. Le informazioni raccolte tramite interrogatori, testimonianze e accertamenti tecnici, hanno permesso agli inquirenti di ricostruire l’intera dinamica del sinistro e di individuare responsabilità precise a carico del sacerdote 54enne.