Un patrimonio da circa 50 milioni di euro è stato sottratto in via definitiva a un imprenditore originario di Molfetta, già condannato per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. L’operazione è stata eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, a conclusione di un lungo iter giudiziario iniziato oltre cinque anni fa.
La misura è stata confermata dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dell’imprenditore, accogliendo integralmente la proposta della Procura di Bari. Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dalla sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali, l’intero nucleo familiare sarebbe stato coinvolto nell’occultamento e gestione di capitali di origine illecita.
Il provvedimento di confisca, già emesso nel marzo 2024 dal Tribunale della Prevenzione di Bari, è stato eseguito questa mattina a Molfetta, segnando l’epilogo giudiziario di un’indagine patrimoniale avviata nel gennaio 2020. Gli inquirenti hanno ricostruito una rete di investimenti e acquisizioni immobiliari, società, beni mobili e rapporti finanziari, tutti riconducibili all’attività criminale dell’uomo, al centro delle operazioni “Primavera” e “Reset”.
Il sequestro definitivo ha riguardato 15 immobili, tra cui una villa con vista mare, quattro terreni per complessivi 5.000 metri quadrati, sei veicoli, un’imbarcazione da diporto, undici conti correnti, quote in un fondo di investimento, e quattro società attive nel settore dell’edilizia e della ristrutturazione. L’intero compendio è stato ritenuto frutto dell’attività illecita di un’organizzazione dedita al traffico di droga nella zona di Molfetta e dintorni.
Secondo le accuse, l’imprenditore 55enne avrebbe accumulato il proprio patrimonio grazie a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, agendo come promotore e dirigente del gruppo criminale. Le autorità giudiziarie hanno sottolineato non solo la pericolosità sociale del soggetto, ma anche la sistematicità con cui i proventi del traffico venivano reinvestiti in attività apparentemente lecite, mimetizzando l’origine reale delle risorse economiche.
L’azione delle forze dell’ordine ha messo in luce una strategia consolidata di riciclaggio, che ha consentito all’uomo e ai suoi familiari di costruire un vero e proprio impero finanziario, risultato incompatibile con le fonti di reddito ufficiali dichiarate. La sentenza definitiva certifica la provenienza illecita dei beni e la loro acquisizione come effetto diretto della carriera criminale dell’imprenditore.